Ma, per averla egli ottenuta da una nazione libera, di tanto più giovevole, ed onorevole gli è stata una tal protezione, che se ottenuta l'avesse dall'assoluto capriccio di un principe. A convalidar quant'io dico, mi si appresentano tosto gli esempj di Galileo e di Cartesio, i quali, o per non aver avuto protezione, o per averla avuta equivocamente dai principi, non andarono esenti da molte altre persecuzioni e disturbi; e quindi da infiniti ostacoli.
Mi viene ora osservato, che parlando io dei capi-setta innovatori nelle scienze, me li conviene in gran parte sottrarre dalle leggi, a cui ho sottoposto le scienze stesse; e chiaramente vedo, che le loro vicende accomunare si debbono a quelle dei letterati; poichè, come filosofi, un così splendido loco riempiono degnamente fra essi. Questi pochi innovatori-creatori si debbono dunque in tutto eccettuare da quegli altri tutti, che nelle scienze esatte, dotti soltanto dello scibile, e facendo pure alcuni benchè impercettibili passi più in là del di già saputo, si debbono quindi riputare come le vere ruote dei progressi delle scienze. Questi sono gli scienziati proteggibili e protetti: ed a questi, l'esserlo può sommamente giocare. Ma gli altri, come Euclide, Archimede, Newton, Galileo, e Cartesio, interamente corrono la vicenda dei letterati. Onde, se hanno avuto (come i tre primi) la fortuna di nascere in paesi liberi, di poco altro abbisognano che di essere lasciati fare; ma, se nati sono (come i due ultimi) in terra di servitù, facilmente saranno dalla civile e religiosa potenza perseguitati e impediti più assai che protetti; e in fatti, perseguitati e impediti furono questi due ultimi.
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