E tali erano certamente, nella Cina Confucio, e nell'Indie Zoroastro; e fra altre nazioni molti altri, di cui non sappiamo.
I nostri santi poi, o scrittori fossero, come Paolo, Agostino, Grisostomo, Girolamo, ed altri; o, colla parola, e più coll'esempio, predicassero essi virtù, come Francesco, Domenico, Bernardo &cc; o, col loro eroico morire, nei cuori degli uomini in note di fiamma e di sangue lasciassero essi scolpita la memoria del loro sublime imperturbabile animo, e l'ardentissimo desiderio d'imitare la loro virtù, come Lorenzo, Stefano, Bartolommeo, e tante altre centinaja di martiri; costoro tutti, avendo avuto al loro operare lo stessissimo sovrano irresistibile impulso, che debbono avere i veri letterati, alle stesse vicende di essi, per vie e cagioni diverse, soggiacquero. E mi spiego. Costoro, finchè furono lasciati fare da se, puri, incalzanti, e severi mostraronsi; perseguitati, divennero più luminosi, più forti, e maggiori direi di se stessi; protetti finalmente, accolti, vezzeggiati, arricchiti, e saliti in potere, si intiepidirono nel ben fare, divennero meno amatori del vero, e per anche sotto il sacrosanto velo di una religione omai da essi scambiata e tradita, asseritori vili si fecero di politiche e morali falsità.
Una moderna non curanza di ogni qualunque religione, frutto anch'essa (come ogni altra rea cosa) del principato, fa sì che i nostri santi non vengono considerati e venerati da noi come uomini sommi e sublimi, mentre pure eran tali. Ciò nasce, per quanto a me pare, da una certa semi-filosofia universalmente seminata in questo secolo da alcuni scrittori leggiadri, o anche eccellenti, quanto allo stile; ma superficiali, o non veri, quanto alle cose.
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