Ora, chi potrà dubitare, che (mutati costoro di tempi) Cesare, con quella stessa smisurata ambizione che lo sforzava a farsi da più degli altri, nato nei tempi della prima libertà, non potendo primeggiare in potenza, non avrebbe, come Scevola, voluto soverchiar gli altri tutti in virtù? e che Scevola, nato ai tempi di Cesare, vedendo la virtù inutile e vinta, non avrebbe come egli cercato la maggioranza e la fama nella sola usurpata potenza?
Ma, parlando io quì delle lettere più che di ogni altro genere di umana grandezza, mi conviene dimostrare quale e quanta influenza abbia sovr'esse questo naturale impulso negli scrittori. Ed è questo un raro e prezioso privilegio delle lettere sovra tutti gli altri rami della umana grandezza, che chi ha veramente questo impulso, e, avvedendosene in tempo, sottrar lo sa dalle ingiurie e danni che arrecare gli possono sì l'altrui autorità e protezione, come il proprio ozio, bisogno, e timore; quegli può fare ogni più eccellente e somma cosa da se stesso. Questa divina arte dello scrivere, ella è pure innegabilmente per se medesima la più indipendente di tutte, come già ho dimostrato nel libro secondo; e la più innocente ad un tempo, poichè a nessuno può recar danno, se non al vizio; e la più utile in somma, poichè a tutti può, e dee voler sommamente giovare, Quindi è, che al fare, per esempio, la grandezza di Giunio Bruto, erano necessarj i Tarquinj tiranni, Lucrezia stuprata, Collatino giustamente disperato, il furore dei cittadini, il molto sangue sparso e nel foro e nel campo, e la uccisione in fine dei proprj figliuoli di Bruto; cose tutte lamentevoli, e lungamente riuscite dannose, prima che l'utile ed il bene ne ridondasse: ma, al fare la grandezza di Omero, null'altro era necessario che Omero stesso, e il naturale suo impulso.
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