Ma, non lo fanno costoro, perchè educati per lo più fra le corti al servire, nessuna vera luce di sane lettere introdurre si può fra i loro immensi pregiudizj ed errori, ancorchè pajano essi, o parer vogliano e colti e saputi. Che se tali pur fossero, per quanto schiavi sian nati del loro orgoglio, preferirebbero pur sempre di gran lunga di divenire in ben costituita repubblica ciò che era in Roma non guasta il senato e i patrizj, o ciò che dovrebbero essere in Inghilterra i pari del regno, all'essere i ciamberlani, cacciatori, capitani, ambasciatori, siniscalchi, maggiordomi, o che altro so io, di un assoluto loro padrone. Nulladimeno i nobili, o agiati indipendenti nel principato, tali ch'ei siano, hanno pur anche più assai luce che il popolo; perchè hanno l'ozio ed i mezzi per leggere, parlare, viaggiare, vedere, e quindi anche un pocolino pensare.
Io dunque vorrei, che quella picciolissima sana parte di essi, a cui fra le universali tenebre traluce un qualche barlume di verità, abbandonasse da prima ogni carica; perchè tutte sono infami quelle che un solo può togliere e dare. E massimamente vorrei, che abbandonasse il mestiere dell'armi; il quale, quanto è onorevole ed alto dove patria vi ha e si difende, altrettanto è vergognoso e risibile dove per uno, cioè contro a se stessi ed ai suoi, si viene a combattere. Così purificati costoro dal loro doppio originale peccato dell'esser nati e nobili, e non cittadini, vorrei che unicamente alle lettere si consecrassero; poichè esse sole prestano all'uomo un vero ed onorevole mezzo di fare col tempo rivivere quella patria, la quale poscia (esistente allora davvero) con vera gloria ed onore difendere allor si potrebbe da essi con l'armi loro, e col sangue.
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