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      Un sì fatto poema riuscirà di assai più giovamento che nessunissima storia, appunto perchè dilettando assai più, non insegnerà niente meno: e gli uomini preferiscono sempre quell'utile che più vien misto al diletto.
      Così gli scrittori che la tragedia maneggiano, potranno allora alla antica sua maestà ritornare il coturno: potranno di ben altre passioni discorrere, e ben altre destarne, e con ben altre infiammare, che col solo ed anche snervatello amoruccio.
      Così la commedia imprenderà allora a combattere e porre nel dovuto ridicolo i veri vizj, e più i maggiormente dannosi. Perciò si verranno a trarre i soggetti di commedia non meno dalle stolte e superbe aule dei re, e dei loro scimmiotti, i potenti, che dalle case dei semplici ed oscuri privati. Non saranno queste tali tragedie e commedie recitate nel principato: che importa? introdotte pure vi saranno elle di furto, e tanto più lette, quanto più impedite; e approvate, e per così dire affigliate saranno dalla repubblichetta dei nobili letterati, finchè poi venga quel giorno, che in pieno teatro recitarsi potranno. E verrà quel tal giorno, perchè tutti i giorni già stati, ritornano. E allora, tanta più gloria ne riuscirà a quegli autori, quanta più n'è dovuta a chi ha saputo disprezzare la falsa glorietta del subito, ed anteposto ha di scrivere per uomini veri, ancorchè da nascere fossero, allo scrivere, degradando l'arte e se stesso, per quei mezz'uomini fra cui nato era.
      Così le satire, non a mordere i privati vizj e laidezze, e molto meno a nominarne gli attori; (niun uomo vizioso meritando mai d'essere nominato da sublime scrittore) ma le satire il loro veleno tutto, ed i loro fulmini rivolgeranno unicamente a smascherare, a trafiggere, atterrare, e distruggere il pubblico vizio, da cui, come da impuro fonte, i privati tutti derivano.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165