Gran punizione mi toccò giustamente per codesto furto; ma, benché il ladro sia alquanto peggior del bugiardo, pure non mi venne piú né minacciato né dato il supplizio della reticella; tanta era piú la paura che aveva la mia madre di farmi ammalare di dolore, che non di vedermi riuscire un po' ladro; difetto, per il vero, da non temersi poi molto, e non difficile a sradicarsi da qualunque ente non ha bisogno di esercitarlo. Il rispetto delle altrui proprietà, nasce e prospera prestissimo negl'individui che ne posseggono alcune legittime loro.
E qui, a guisa di storietta, inserirò pure la mia prima confessione spirituale, fatta tra i sette ed otto anni. Il maestro mi vi andò preparando, suggerendomi egli stesso i diversi peccati ch'io poteva aver commessi, dei piú de' quali io ignorava persino i nomi. Fatto questo preventivo esame in comune con don Ivaldi, si fissò il giorno in cui porterei il mio fastelletto ai piedi del padre Angelo, carmelitano, il quale era anche il confessore di mia madre. Andai: né so quel che me gli dicessi, tanta era la mia natural ripugnanza e il dolore di dover rivelare i miei segreti fatti e pensieri ad una persona ch'io appena conosceva. Credo, che il frate facesse egli stesso la mia confessione per me; fatto si è che assolutomi m'ingiungeva di prosternarmi alla madre prima di entrare in tavola, e di domandarle in tal atto pubblicamente perdono di tutte le mie mancanze passate. Questa penitenza mi riusciva assai dura da ingoiare; non già, perché io avessi ribrezzo nessuno di domandar perdono alla madre; ma quella prosternazione in terra, e la presenza di chiunque vi potrebbe essere, mi davano un supplizio insoffribile.
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Ivaldi Angelo
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