Ed in fatti, dopo alcuni giorni, sfogatasi l'ira pubblica in tal guisa, io rimasi poi la meno perseguitata, e direi quasi la piú rispettata parrucca, fra le due o tre altre che ve n'erano in quella stessa galleria. Allora imparai, che bisognava sempre parere di dare spontaneamente, quello che non si potea impedire d'esserti tolto.
In quell'anno mi erano anche stati accordati altri maestri; di cimbalo, e di geografia. E questa, andandomi molto a genio quel balocco della sfera e delle carte, l'aveva imparata piuttosto bene, e mista un pocolino alla storia, e massimamente all'antica. Il maestro, che me l'insegnava in francese, essendo egli della Val d'Aosta, mi andava anche prestando vari libri francesi, ch'io cominciava anche ad intendere alquanto; e tra gli altri ebbi il Gil Blas, che mi rapí veramente e fu questo il primo libro ch'io leggessi tutto di seguito dopo l'Eneide del Caro; e mi diverti assai piú. Da allora in poi caddi nei romanzi, e ne lessi molti, come Cassandre, Almachilde, ecc.; ed i piú tetri e piú teneri mi facevano maggior forza e diletto. Tra gli altri poi, Les mémoires d'un homme de qualité, ch'io rilessi almen dieci volte. Quanto al cimbalo poi, benché io avessi una passione smisurata per la musica, e non fossi privo di disposizioni naturali, con tutto ciò non vi feci quasi nessun progresso, fuorché di essermi sveltita molto la mano su la tastiera. Ma la musica scritta non mi voleva entrare in capo; tutto era orecchia in me, e memoria, e non altro. Attribuisco altresí la cagione di quella mia ignoranza invincibile nelle note musicali, all'inopportunità dell'ora in cui prendeva lezione, immediatamente dopo il pranzo; tempo, che in ogni epoca della mia vita ho sempre palpabilmente visto essermi espressamente contrario ad ogni qualunque anche minima operazione della mente, ed anche alla semplice applicazione degli occhi su qualunque carta od oggetto.
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