E cosí pure, dopo avere con molte risse ottenuto dal curatore di farmi fare una elegante carrozza, cosa veramente inutilissima e ridicola per un ragazzaccio di sedici anni in una città cosí microscopica come Torino, io non vi saliva quasi mai, perché gli amici non l'avendo se ne dovevano andare a sante gambe sempre. E quanto ai molti cavalli da sella, io me li facea perdonare da loro, accomunandoli con essi; oltre che essi pure ne aveano ciascuno il suo, e mantenuto dai loro rispettivi genitori. Perciò questo ramo di lusso mi dilettava anche piú di tutti altri, econ meno misto di ribrezzo, perché in nulla veniva ad offendere gli amici miei.
Esaminando io spassionatamente e con l'amor del vero codesta mia prima gioventú, mi pare di ravvisarci fra le tante storture di un'età bollente, oziosissima, ineducata, e sfrenata, una certa naturale pendenza alla giustizia, all'eguaglianza, ed alla generosità d'animo, che mi paiono gli elementi d'un ente libero, o degno di esserlo.
CAPITOLO DECIMOPrimo amoruccio. Primo viaggetto. Ingresso nelle truppe.
In una villeggiatura ch'io feci di circa un mese colla famiglia di due fratelli, che erano dei principali miei amici, e compagni di cavalcate, provai per la prima volta sotto aspetto non dubbio la forza d'amore per una loro cognata, moglie del loro fratello maggiore. Era questa signorina, una brunetta piena di brio, e di una certa protervia che mi facea grandissima forza. I sintomi di quella passione, di cui ho provato dappoi per altri oggetti cosí lungamente tutte le vicende, si manifestarono in me allora nel seguente modo.
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Torino
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