Una malinconia profonda e ostinata; un ricercar sempre l'oggetto amato, e trovatolo appena, sfuggirlo; un non saper che le dire, se a caso mi ritrovava alcuni pochi momenti (non solo mai, che ciò non mi veniva fatto mai, essendo ella assai strettamente custodita dai suoceri) ma alquanto in disparte con essa; un correre poi dei giorni interi (dopo che si ritornò di villa) in ogni angolo della città, per vederla passare in tale o tal via, nelle passeggiate pubbliche del Valentino e Cittadella; un non poterla neppure udir nominare, non che parlar mai di essa; ed in somma tutti, ed alcuni piú, quegli effetti sí dottamente e affettuosamente scolpiti dal nostro divino maestro di questa divina passione, il Petrarca. Effetti, che poche persone intendono, e pochissime provano; ma a quei soli pochissimi è concesso l'uscir dalla folla volgare in tutte le umane arti. Questa prima mia fiamma, che non ebbe mai conclusione nessuna, mi restò poi lungamente semiaccesa nel cuore, ed in tutti i miei lunghi viaggi fatti poi negli anni consecutivi, io sempre senza volerlo, e quasi senza avvedermene l'avea tacitamente per norma intima d'ogni mio operare; come se una voce mi fosse andata gridando nel piú segreto di esso: "Se tu acquisti tale, o tal pregio, tu potrai al ritorno tuo piacer maggiormente a costei; e cangiate le circostanze, potrai forse dar corpo a quest'ombra".
Nell'autunno dell'anno 1765 feci un viaggietto di dieci giorni a Genova col mio curatore; e fu la mia prima uscita dal paese.
| |
Valentino Cittadella Petrarca Genova
|