Bisognò insomma ch'io mi piegassi moltissimo. Ma grazie alla mia buona sorte, questo non mi tolse poi di rialzarmi in appresso interissimo.
E qui darò fine a questa seconda parte; nella quale m'avvedo benissimo che avendovi io intromesso con piú minutezza cose forse anco piú insipide che nella prima, consiglierò anche al lettore di non arrestarvisi molto, o anche di saltarla a piè pari; poiché, a tutto ristringere in due parole, questi otto anni della mia adolescenza altro non sono che infermità, ed ozio, e ignoranza.
Epoca terza
GIOVINEZZAAbbraccia circa dieci anni di viaggi, e dissolutezze.
CAPITOLO PRIMOPrimo viaggio. Milano, Firenze, Roma.
La mattina del dí 4 ottobre 1766, con mio indicibile trasporto, dopo aver tutta notte farneticato in pazzi pensieri senza mai chiuder occhio, partii per quel tanto sospirato viaggio. Eramo una carrozzata dei quattro padroni, ch'io individuai, un calesse con due servitori, du' altri a cassetta della nostra carrozza, ed il mio cameriere a cavallo da corriere. Ma questi non era già quel vecchiotto datomi a guisa di aio tre anni prima, ché quello lo lasciai a Torino. Era questo mio nuovo cameriere, un Francesco Elia, stato già quasi vent'anni col mio zio, e dopo la di lui morte in Sardegna, passato con me. Egli aveva viaggiato col suddetto mio zio, due volte in Sardegna, ed in Francia, Inghilterra, ed Olanda. Uomo di sagacissimo ingegno, di un'attivítà non comune, e che valendo egli solo piú che tutti i nostri altri quattro servitori presi a fascio, sarà d'ora in poi l'eroe protagonista della commedia di questi miei viaggi; di cui egli si trovò immediatamente essere il solo e vero nocchiero, stante la nostra totale incapacità di tutti noi altri otto, o bambini, o vecchi rimbambiti.
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