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      Benché noi giovanotti vivessimo in perfetta armonia, e che l'aio non piú a me che ad essi cagionasse il minimo fastidio, tuttavia siccome per le gite da una all'altra città bisognava pure combinarci per muovere insieme, e siccome quel vecchio era sempre irresoluto, mutabile, e indugiatore, quella dipendenza mi urtava. Convenne dunque ch'io mi piegassi a pregare il ministro di scrivere in mio favore a Torino, e di testimoniare della mia buona condotta e della intera capacità mia di regolarmi da me stesso, e di viaggiar solo. La cosa mi riuscí con mia somma soddisfazione, e ne contrassi molta gratitudine col ministro, il quale avendomi preso anche a ben volere, fu il primo che mi mettesse in capo ch'io dovrei tirarmi innanzi a studiar la politica per entrare nell'aringo diplomatico. La cosa mi piacque assai; e mi parve allora, che quella fosse di tutte le servitú la men serva; e ci rivolsi il pensiero, senza però studiar nulla mai. Limitando il mio desiderio in me stesso, non l'esternai con chicchessia, e mi contentai di tenere frattanto una condotta regolare e decente per tutto, superiore forse alla mia età. Ma in questo mi serviva la natura mia assai piú ancora che il volere; essendo io stato sempre grave di costumi e di modi (senza impostura però), ed ordinato, direi, nello stesso disordine; ed avendo quasi sempre errato sapendolo.
      Io viveva frattanto in tutto e per tutto ignoto a me stesso; non mi credendo vera capacità per nessuna cosa al mondo; non avendo nessunissimo impulso deciso, altro che alla continua malinconia, non ritrovando mai pace né requie, e non sapendo pur mai quello che io mi desiderassi.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





Torino