Ogni giorno poi capitando dal conte di Rivera ministro di Sardegna, degnissimo vecchio, il quale ancorché sordo non mi veniva per punto a noia, e mi dava degli ottimi e luminosi consigli; mi accadde un giorno che si trovò da lui su una tavola un bellissimo Virgilio in folio, aperto spalancato al sesto dell'Eneide. Quel buon vecchio vedendomi entrare, accennatomi d'accostarmi, cominciò ad intuonare con entusiasmo quei bellissimi versi per Marcello cosí rinomati e saputi da tutti. Ma io, che quasi piú punto non li intendeva, benché li avessi e spiegati e tradotti e saputi a memoria circa sei anni prima, mi vergognai sommamente e me ne accorai per tal modo, che per piú giorni mi ruminai il mio obbrobrio in me stesso, e non capitai piú dal conte. Con tutto ciò la ruggine sovra il mio intelletto si andava incrostando sí densa, e tale di giorno in giorno sempre piú diveniva, che assai piú tagliente scalpello ci volea che un passeggiere rincrescimento, a volernela estirpare. Onde passò quella sacrosanta vergogna senza lasciare in me orma nessuna per allora, e non lessi altrimenti né Virgilio, né alcun altro buon libro in nessuna lingua, per degli anni parecchi.
In questa mia seconda dimora in Roma fui introdotto al papa, che era allora Clemente XIII, bel vecchio, e di una veneranda maestà; la quale, aggiunta alla magnificenza locale del palazzo di Montecavallo, fece sí che non mi cagionò punto ribrezzo la solita prosternazione e il bacio del piede, benché io avessi letta la storia ecclesiastica, e sapessi il giusto valore di quel piede.
| |
Rivera Sardegna Virgilio Eneide Marcello Virgilio Roma Clemente XIII Montecavallo
|