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      Il vetturino era patteggiato da me sino a Bologna per la via di Loreto; ma giunto con tanta noia e strettezza d'animo in Loreto, non potei piú star saldo all'avarizia e alla mula, e non volli piú continuare di quel mortifero passo. E qui la nascente gelata avarizia rimase vinta e sbeffata dalla bollente indole e dalla giovanile insofferenza. Onde, fatto a dirittura un grosso sbilancio, sborsai al vetturino quasi che tutto il pattuito importare di tutto il viaggio di Roma a Bologna, e piantatolo in Loreto, me ne partii per le poste tutto riavutomi; e l'avarizia diventò d'allora in poi un giusto ordine, ma senza spilorceria.
      Bologna non mi piacque nulla piú, anzi meno al ritorno che non mi fosse piaciuta all'andare; Loreto non mi compunse di divozione nessuna; e non sospirando altro che Venezia, della quale avea udito tante maraviglie già fin da ragazzo, dopo un solo giorno di stazione in Bologna, proseguii per Ferrara. Passai anche questa città senza pur ricordarmi, ch'ella era la patria e la tomba di quel divino Ariosto di cui pure avea letto in parte il poema con infinito piacere, e i di cui versi erano stati i primi primissimi che mi fossero capitati alle mani. Ma il mio povero intelletto dormiva allora di un sordidissimo sonno, e ogni giorno piú s'irruginiva quanto alle lettere. Vero è però, che quanto alla scienza del mondo e degli uomini, io andava acquistando non poco ogni giorno senza avvedermene, stante la gran quantità di continui e diversi quadri morali che mi venivan visti e osservati giornalmente.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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