Alcune altre sue opere politiche, come il Contratto sociale, io non le intendeva, e perciò le lasciai. Di Voltaire mi allettavano singolarmente le prose, ma i di lui versi mi tediavano. Onde non lessi mai la sua Enriade, se non se a squarcetti; poco piú la Pucelle, perché l'osceno non mi ha dilettato mai; ed alcune delle di lui tragedie. Montesquieu all'incontro lo lessi di capo in fondo ben due volte, con maraviglia, diletto, e forse anche con un qualche mio utile. L'Esprit di Helvetius mi fece anche una profonda, ma sgradevole impressione. Ma il libro dei libri per me, e che in quell'inverno mi fece veramente trascorrere, dell'ore di rapimento e beate, fu Plutarco, le vite dei veri grandi. Ed alcune di quelle, come Timoleone, Cesare, Bruto, Pelopida, Catone, ed altre, sino a quattro e cinque volte le rilessi con un tale trasporto di grida, di pianti, e di furori pur anche, che chi fosse stato a sentirmi nella camera vicina mi avrebbe certamente tenuto per impazzato. All'udire certi gran tratti di quei sommi uomini, spessissimo io balzava in piedi agitatissimo, e fuori di me, e lagrime di dolore e di rabbia mi scaturivano dal vedermi nato in Piemonte ed in tempi e governi ove niuna alta cosa non si poteva né fare né dire, ed inutilmente appena forse ella si poteva sentire e pensare. In quello stesso inverno studiai anche con molto calore il sistema planetario, ed i moti e leggi dei corpi celesti, fin dove si può arrivare a capirle, senza il soccorso della per me inapprendibile geometria.
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