Io, nel rendere poi dopo ragione a me stesso del mio orribile trasporto, fui chiaramente convinto, che aggiunta all'eccessivo irascibile della natura mia l'asprezza occasionata dalla continua solitudine ed ozio, quella tiratura di capello avea colmato il vaso, e fattolo in quell'attimo traboccare. Del resto io non ho mai battuto nessuno che mi servisse se non se come avrei fatto un mio eguale; e non mai con bastone né altr'arme, ma con pugni, o seggiole, o qualunque altra cosa mi fosse caduta sotto la mano, come accade quando da giovine altri, provocandoti, ti sforza a menar le mani. Ma nelle pochissime volte che tal cosa mi avvenne, avrei sempre approvato e stimato quei servi che mi avessero risalutato con lo stesso picchiare; atteso che io non intendeva mai di battere il servo come padrone, ma di altercare da uomo ad uomo.
Vivendo cosí come orso terminai il mio breve soggiorno in Madrid, dove non vidi nessunissima delle non molte cose, che poteano eccitare qualche curiositŕ; né il palazzo dell'Escurial famosissimo, né Araniuez, né il palazzo pure del re in Madrid, non che vedervi il padrone di esso. E cagione principale di questa straordinaria selvatichezza fu l'essere io mezzo guasto col nostro ambasciator di Sardegna; ch'io avea conosciuto in Londra dal primo viaggio ch'io ci avea fatto nel 1768, dove egli era allora ministro, e non c'eramo niente piaciuti l'un l'altro. Nell'arrivare io a Madrid, saputo ch'egli era con la corte in una di quelle ville reali, colsi subito il tempo ch'egli non v'era, e lasciai il polizzino di visita con una commendatizia della Segreteria di Stato che avea recato meco com'č d'uso.
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