L'altro mio cavallo, il cordovesino, essendomisi azzoppito fra Cordova e Valenza, piuttosto che trattenermi due giorni che forse si sarebbe riavuto, lo avea regalato alle figlie di una ostessa molto belline, raccomandandolo che se lo curavano e gli davano un po' di riposo, rinsanito lo venderebbero benissimo; né mai piú ne seppi altro. Quest'ultimo dunque rimastomi, non lo volendo io vendere, perché sono per natura nemicissimo del vendere, lo regalai ad un banchiere francese domiciliato in Barcellona, già mio conoscente sin dalla mia prima dimora in codesta città. E qui, per definire e dimostrare quel che sia il cuore di un pubblicano, aggiungerò una particolarità. Essendomi rimaste di piú forse un trecento doppie d'oro di Spagna, che attese le severe perquisizioni che si fanno alle dogane di frontiera all'uscire di Spagna, difficilmente forse le avrei potute estrarre, sendo cosa proibita; richiesi al su detto banchiere, dopo avergli regalato il cavallo, che mi desse una cambiale di codesta somma pagabile a vista in Monpellieri di dove mi toccava passare. Ed egli, per testificarmi la sua gratitudine, ricevute le mie doppie sonanti, mi concepí la cambiale in tutto quel massimo rigore di cambio che facea in quella settimana; talché poi a Monpellieri riscotendo la somma in luigi, mi trovai aver meno circa il sette per cento di quello ch'io avrei ricavato se vi avessi portate e scambiate le mie doppie effettive. Ma io non avea neppur bisogno di aver provato questa cortesia banchieresca per fissare la mia opinione su codesta classe di gente, che sempre mi è sembrata l'una delle piú vili e pessime del mondo sociale; e ciò tanto piú, quanto essi si van mascherando da signori, e mentre vi danno un lauto pranzo in casa loro per fasto, vi spogliano per uso d'arte al loro banco; e sempre poi sono pronti ad impinguarsi delle calamità pubbliche.
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