Ed in fatti, troppo era mal tornato; e divenuto oramai disprezzabilissimo agli stessi occhi miei, io caddi in un tale avvilimento e malinconia, che se un tale stato fosse lungamente durato, avrei dovuto o impazzire, o scoppiare; come in fatti venni assai presso all'uno ed all'altro.
Ma pure strascinai quelle vili catene ancora dal finir di giugno del '74, epoca del mio ritorno di quel semiviaggio, sino al gennaio del '75, quando alla per fine il bollore della mia compressa rabbia giunto all'estremo scoppiò.
CAPITOLO DECIMOQUINTOLiberazione vera. Primo sonetto.
Tornato io una tal sera dall'opera (insulso e tediosissimo divertimento di tutta l'Italia) dove per molte ore mi era trattenuto nel palco dell'odiosamata signora, mi trovai cosí esuberantemente stufo che formai la immutabile risoluzione di rompere sí fatti legami per sempre. Ed avendo io visto per prova che il correre per le poste qua e là non mi avea prestato forza di proponimento, che anzi me l'avea subito indebolita e poi tolta, mi volli mettere a maggior prova, lusingandomi che in uno sforzo piú difficile riuscirei forse meglio, stante l'ostinazione naturale del mio ferreo carattere. Fermai dunque in me stesso di non mi muovere di casa mia, che come dissi le stava per l'appunto di faccia; di vedere e guardare ogni giorno le di lei finestre, di vederla passare; di udirne in qualunque modo parlare; e con tutto ciò, di non cedere oramai a nulla, né ad ambasciate dirette o indirette, né alle reminiscenze, né a cosa che fosse al mondo, a vedere se ci creperei, il che poco importavami, o se alla fin fine la vincerei.
| |
Italia
|