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      E cosí fu in fatti; ma parecchi anni dopo, quando poi mi era ben bene incallite le spalle ed il collo a sopportare il giogo grammatico. E non il solo Galateo, ma presso che tutti quei nostri prosatori del Trecento, lessi e postillai poi, con quanto frutto, nol so. Ma fatto si è che chi gli avesse ben letti quanto ai lor modi, e fosse venuto a capo di prevalersi con giudizio e destrezza dell'oro dei loro abiti, scartando i cenci delle loro idee, quegli potrebbe forse poi ne' suoi scritti sí filosofici che poetici, o istorici, o d'altro qualunque genere, dare una ricchezza, brevità, proprietà, e forza di colorito allo stile, di cui non ho visto finora nessuno scrittore italiano veramente andar corredato. Forse, perché la fatica è improba; e chi avrebbe l'ingegno, e la capacità di sapersene giovare, non la vuol fare; e chi non ha questi dati, la fa invano.
     
     
     
      CAPITOLO SECONDORimessomi sotto il pedagogo a spiegare Orazio. Primo viaggio letterario in Toscana.
     
      Verso il principio dell'anno '76, trovandomi già da sei e piú mesi ingolfato negli studi italiani, mi nacque una onesta e cocente vergogna di non piú intendere quasi affatto il latino; a segno che, trovando qua e là, come accade, delle citazioni, anco le piú brevi e comuni, mi trovava costretto di saltarle a piè pari, per non perder tempo a diciferarle. Trovandomi inoltre inibita ogni lettura francese, ridotto al solo italiano, io mi vedeva affatto privo d'ogni soccorso per la lettura teatrale. Questa ragione, aggiuntasi al rossore, mi sforzò ad intraprendere questa seconda fatica, per poter leggere le tragedie di Seneca, di cui alcuni sublimi tratti mi aveano rapito; e leggere anche le traduzioni letterali latine dei tragici greci, che sogliono essere piú fedeli e meno tediose di quelle tante italiane che sí inutilmente possediamo.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
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