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      Mi presi dunque pazientemente un ottimo pedagogo, il quale, postomi Fedro in mano, con molta sorpresa sua e rossore mio, vide e mi disse che non l'intendeva, ancorché l'avessi già spiegato in età di dieci anni; ed in fatti provandomici a leggerlo traducendolo in italiano, io pigliava dei grossissimi granchi, e degli sconci equivoci. Ma il valente pedagogo, avuto ch'egli ebbe cosí ad un tempo stesso il non dubbio saggio e della mia asinità, e della mia tenacissima risoluzione, m'incoraggí molto, e in vece di lasciarmi il Fedro mi diede l'Orazio, dicendomi: "Dal difficile si viene al facile; e cosí sarà cosa piú degna di lei. Facciamo degli spropositi su questo scabrosissimo principe dei lirici latini, e questi ci appianeran la via per scendere agli altri ". E cosí si fece; e si prese un Orazio senza commenti nessuni; ed io spropositando, costruendo, indovinando, e sbagliando, tradussi a voce tutte l'Odi dal principio di gennaio a tutto il marzo. Questo studio mi costò moltissima fatica, ma mi fruttò anche bene, poiché mi rimise in grammatica senza farmi uscire di poesia.
      In quel frattempo non tralasciava però di leggere e postillare sempre i poeti italiani, aggiungendone qualcuno dei nuovi, come il Poliziano, il Casa, e ricominciando poi da capo i primari; talché il Petrarca e Dante nello spazio di quattr'anni lessi e postillai forse cinque volte. E riprovandomi di tempo in tempo a far versi tragici, avea già verseggiato tutto il Filippo. Ma benchè fosse venuto alquanto men fiacco e men sudicio della Cleopatra, pure quella versificazione mi riusciva languida, prolissa, fastidiosa e triviale.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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