Talché io non aveva mai vista un'a di metallo, né alcuno di quei tanti ordigni che mi doveano poi col tempo acquistare o celebrità o canzonatura. Ma certo in nessuna piú augusta officina io potea mai capitare per la prima volta, né mai ritrovare un piú benigno, piú esperto, e piú ingegnoso espositore di quell'arte maravigliosa che il Bodoni, da cui tanto lustro e accrescimento ha ricevuto e riceve.
Cosí a poco a poco ogni giorno piú ridestandomi dal mio lungo e crasso letargo, io andava vedendo e imparando (un po' tardetto) assai cose. Ma la piú importante si era per me, ch'io andava ben conoscendo appurando e pesando le mie facoltà intellettuali letterarie, per non isbagliar poi, se poteva, nella scelta del genere. Né in questo studio di me medesimo io era tanto novizio come negli altri; atteso che piuttosto precedendo l'età che aspettandola, io fin da anni addietro avea talvolta impreso a diciferare a me stesso la mia morale entità; e l'avea fatto anche con penna, non che col pensiero. Ed ancora conservo una specie di diario che per alcuni mesi avea avuta la costanza di scrivere annoverandovi non solo le mie sciocchezze abituali di giorno in giorno, ma anche i pensieri, e le cagioni intime, che mi faceano operare o parlare: il tutto per vedere, se in cosí appannato specchio mirandomi, il migliorare d'alquanto mi venisse poi a riuscire. Avea cominciato il diario in francese; lo continuai in italiano; non era bene scritto né in questa lingua, né in quella; era piuttosto originalmente sentito e pensato.
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Bodoni
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