Perciò nel corso del mio vivere pochissimi amici avrò avuti; ma mi vanto di averli avuti tutti buoni e stimabili assai piú di me. Né io mai altro ho cercato nell'amicizia se non se il reciproco sfogo delle umane debolezze, affinché il senno e amorevolezza dell'amico venisse attenuando in me e migliorando le non lodevoli e corroborando all'incontro e sublimando le poche lodevoli, e dalle quali l'uomo può trarre utile per altri ed onore per sé. Tale è la debolezza del volersi far autore. Ed in questa principalmente, i consigli generosi ed ardenti del Gandellini mi hanno certo prestato non piccolo soccorso ed impulso. Il desiderio vivissimo ch'io contrassi di meritarmi la stima di codesto raro uomo, mi diede subito una quasi nuova elasticità di mente, un'alacrítà d'intelletto, che non mi lasciava trovar luogo né pace, s'io non procreava prima qualche opera che fosse o mi paresse degna di lui. Né mai io ho goduto dell'intero esercizio delle mie facoltà intellettuali e inventive, se non se quando il mio cuore si ritrovava ripieno e appagato, e l'animo mio per cosí dire appoggiato o sorretto da un qualche altro ente gradito e stimabile. Che all'incontro quand'io mi vedeva senza un sí fatto appoggio quasi solo nel mondo, considerandomi come inutile a tutti e caro a nessuno, gli accessi di malinconia, di disinganno e disgusto d'ogni umana cosa, eran tali e sí spessi, ch'io passava allora dei giorni interi, e anco delle settímane senza né volere né potere toccar libro né penna.
Per ottenere dunque e meritare la lode di un uomo cosí stimabile agli occhi miei quanto era il Gori, io mi posi in quell'estate a lavorare con un ardore assai maggiore di prima.
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Gandellini Gori
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