Già era fermo in me stesso di non mi muover piú di Firenze, fintanto almeno che ci rimarrebbe la mia donna a dimora. Quindi mi convenne mandare ad effetto un disegno ch'io già da gran tempo avea, direi, abbozzato nella mia mente, e che poi mi si era fatto necessità assoluta dacché avea sí indissolubilmente posto il cuore in sí degno oggetto.
Mi erano sempre oltre modo pesate e spiaciute le catene della mia natia servitú; e quella tra l'altre, per cui, con privilegio non invidiabile, i nobili feudatari sono esclusivamente tenuti a chiedere licenza al re di uscire per ogni minimo tempo dagli stati suoi: e questa licenza si otteneva talvolta con qualche difficoltà, o sgarbetto, dal ministro, e sempre poi si ottenea limitata. Quattro o cinque volte mi era accaduto di doverla chiedere, e benché sempre l'avessi ottenuta, tuttavia trovandola io ingiusta (poiché né i cadetti, né i cittadini di nessuna classe, quando non fossero stati impiegati, erano costretti di ottenerla) sempre con maggior ribrezzo mi vi era piegato, quanto piú in quel frattempo, mi si era rinforzata la barba. L'ultima poi, che mi era, venuta chiesta, e che, come di sopra accennai mi era stata accordata con una spiacevol parola, mi era riuscita assai dura a inghiottirsi. Crescevano, oltre ciò, di giorno in giorno i miei scritti. La Virginia, ch'io avea distesa in quella dovuta libertà e forza che richiede il soggetto; l'avere steso quel libro della Tirannide come se io fossi nato e domiciliato in paese di giusta e verace libertà; il leggere, gustare, e sentir vivamente e Tacito e il Machiavelli, e i pochi altri simili sublimi e liberi autori; il riflettere e conoscere profondamente quale si fosse il mio vero stato, e quanta l'impossibilità di rimanere in Torino stampando, o di stampare rimanendovi; l'essere pur troppo convinto che anche con molti guai e pericoli mi sarebbe avvenuto di stampar fuori, dovunque ch'io mi trovassi, finché rimaneva pur suddito di una legge nostra, che quaggiú citerò; aggiunto poi finalmente a tutte queste non lievi e manifeste ragioni la passione che di me nuovamente si era, con tanta mia felicità ed utilità, impadronita; non dubitai punto, ciò visto, di lavorare con la maggior pertinacia ed ardore all'importante opera di spiemontizzarmi per quanto fosse possibile; ed a lasciare per sempre, ed anche a qualunque costo il mio mal sortito nido natio.
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