Ma per quanto la mia donna non parlasse tosto altra lingua con me, tuttavia la casa sua sempre ripiena di oltramontaneria era per il mio povero toscanismo un continuo martirio; talché, oltre parecchie altre, io ebbi anche questa contrarietà, di esser stato presso che tre anni allora in Firenze, e d'avervi assai piú dovuto ingoiare dei suoni francesi, che non dei toscani. E in quasi tutto il decorso della mia vita, finora, mi è toccata in sorte questa barbaria di gallicheria; onde, se io pure sarò potuto riuscire a scrivere correttamente, puramente, e con sapore di toscanità (senza però ricercarla con affettazione e indiscrezione), ne dovrò riportar doppia lode, attesi gli ostacoli; e se riuscito non ci sono, ne meriterò ampia scusa.
CAPITOLO SETTIMOCaldi studi in Firenze
Nell'aprile del '78, dopo aver verseggiata la Virginia, e quasi che tutto l'Agamennone, ebbi una breve ma forte malattia infiammatoria, con un'angina, che costrinse il medico a dissanguarmi; il che mi lasciò una lunga convalescenza, e fu epoca per me di un notabile indebolimento di salute in appresso. L'agitazione, i disturbi, lo studio, e la passione di cuore mi aveano fatto infermare, e benché poi nel finir di quell'anno cessassero interamente i disturbi d'interesse domestico, lo studio e l'amore che sempre andarono crescendo, bastarono a non mi lasciar piú godere in appresso di quella robustezza d'idiota ch'io mi era andata formando in quei dieci anni di dissipazione, e di viaggi quasi continui. Tuttavia nel venir poi dell'estate, mi riebbi, e moltissimo lavorai.
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Firenze Firenze Virginia Agamennone
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