Pagina (230/406)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma tutto questo, ch'io forse qui mal esprimo, e ch'io aveva fin d'allora, e ogni dí piú caldamente, scolpito nella mente mia non lo acquistai nella penna se non se molti anni dopo, se pur mai lo acquistai: e forse fu quando poi ristampai le tragedie in Parigi. Che se il leggere, studiare, gustare, e discernere, e sviscerare le bellezze ed i modi del Dante e Petrarca mi poterono infonder forse la capacità di rimare sufficientemente e con qualche sapore; l'arte del verso sciolto tragico (ove ch'io mi trovassi poi d'averla o avuta o accennata) non la ripeterò da altri che da Virgilio, dal Cesarotti, e da me medesimo. Ma intanto, prima che io pervenissi a dilucidare in me l'essenza di questo stile da crearsi, mi toccò in sorte di errare assai lungamente brancolando, e di cadere anche spesso nello stentato ed oscuro, per voler troppo sfuggire il fiacco e il triviale; del che ho ampiamente parlato altrove quando mi occorse di dare ragione del mio scrivere.
      Nell'anno susseguente, 1780, verseggiai la Maria Stuarda; stesi l'Ottavia e il Timoleone; di cui, questa era frutto della lettura di Plutarco, ch'io avea anche ripigliato; quella, era figlia mera di Tacito, ch'io leggeva e rileggeva con trasporto. Riverseggiai inoltre tutto intero il Filippo, per la terza volta, sempre scemandolo di parecchi versi; ma egli era pur sempre quello che si risentiva il piú della sua origine bastarda, pieno di tante forme straniere ed impure. Verseggiai la Rosmunda, e gran parte dell'Ottavia, ancorché verso il finir di quell'anno la dovessi poi interrompere, attesi i fieri disturbi di cuore che mi sopravvennero.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





Parigi Dante Petrarca Virgilio Cesarotti Maria Stuarda Ottavia Timoleone Plutarco Tacito Filippo Rosmunda Ottavia