E neppur negherò, che anche degli ottimi consigli, e non pochi, mi siano stati suggeriti dopo quelle diverse letture, da uomini letterati, da uomini di mondo, e spezialmente circa gli affetti, da varie donne. I letterati battevano su l'elocuzione e le regole dell'arte; gli uomini di mondo, su l'invenzione, la condotta e i caratteri, e perfino i giovevolissimi tangheri, col loro piú o meno russare o scontorcersi; tutti in somma, quanto a me pare, mi riuscirono di molto vantaggio. Onde io, tutti ascoltando, di tutto ricordandomi, nulla trascurando, e non disprezzando individuo nessuno (ancorché pochissimi ne stimassi), ne trassi poi forse e per me stesso e per l'arte quel meglio che conveniva. Aggiungerò a tutte queste confessioni per ultima, che io benissimo mi avvedeva, che quell'andar leggendo tragedie in semi-pubblico, un forestiere fra gente non sempre amica, mi poteva e doveva anzi esporre a esser messo in ridicolo. Non me ne pento però di aver cosí fatto, se ciò poi ridondò in beneficio mio e dell'arte; il che se non fu, il ridicolo delle letture anderà poi con quello tanto maggiore, dell'averle recitate, e stampate.
CAPITOLO DECIMORecita dell'Antigone in Roma. Stampa delle prime quattro tragedie. Separazione dolorosissima. Viaggio per la Lombardia.
Io dunque me ne stava cosí in un semiriposo, covando la mia tragica fama, ed irresoluto tuttavia se stamperei allora, o se indugierei dell'altro. Ed ecco, che mi si presentava spontanea un'occasione di mezzo tra lo stampare e il tacermi; ed era, di farmi recitare da una eletta compagnia di dilettanti signori.
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Antigone Roma Lombardia
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