Alcune poche pagine piú, facendomi gran forza, ne lessi; poi non mi fu possibile di proseguire, Allora volli un po' rileggere quello squarcione del mio Panegirico, ch'io avea scritto delirando la mattina innanzi. Lettolo, e piaciutomi, e rinfiammato piú di prima, d'una burla ne feci, o credei farne, una cosa serissima; e distribuito e diviso alla meglio il mio tema, senza piú ripigliar fiato, scrivendone ogni mattina quanto ne potevan gli occhi, che dopo un par d'ore di entusiastico lavoro non mi fanno piú luce; e pensandovi poi e ruminandone tutto l'intero giorno, come sempre mi accade allorché non so chi mi dà questa febbre del concepire e comporre; me lo trovai tutto steso nella quinta mattina, dal dí 13 al 17 di marzo! e, con pochissima varietà, toltone l'opera della lima, da quello che va dattorno stampato.
Codesto lavoro mi avea riacceso l'intelletto, ed una qualche tregua avea pur anche data ai miei tanti dolori. Ed allora mi convinsi per esperienza, che a voler tollerare quelle mie angustie d'animo, ed aspettarne il fine senza soccombere, mi era piú che necessario di farmi forza, e costringer la mente ad un qualche lavoro. Ma siccome la mente mia, piú libera e piú indipendente di me, non mi vuole a niun conto obbedire; tal che, se io mi fossi proposto, prima di leggere il Plinio, di voler fare un panegirico a Traiano, non avrebbe essa forse voluto raccozzar due idee; per ingannare ad un tempo e il dolore e la mente, trovai il compenso di violentarmi in una qualche opera di pazienza, e di schiena come si suol dire.
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Panegirico Plinio Traiano
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