Ma l'aver perduto l'amico di Siena, e l'essersi oramai la mia donna traspiantata fuori d'Italia, mi fece anche risolvere di non dimorarci piú neppur io. E benché per allora né volessi, né convenisse ch'io mi fissassi a dimora dove ella, io cercai pure di starle il meno lontano ch'io potessi, e di toglierci almeno l'Alpi di mezzo. Feci dunque muovere anche tutta la mia cavalleria, che sana e salva arrivò un mese dopo di me in Alsazia, dove allora ebbi raccolto ogni mia cosa, fuorché i libri, che i piú gli avea lasciati in Roma. Ma la mia felicità derivata da questa seconda riunione non durò né potea durare altro che due mesi in circa, dovendosi la mia donna restituire in Parigi nell'inverno. Nel decembre l'accompagnai sino a Strasborgo, dove, con mio sommo dolore costretto di lasciarla, me ne separai per la terza volta; ella continuò la sua strada per Parigi, io ritornai nella nostra villa. Ancorché io fossi scontento, pure la mia afflizione riusciva ora assai minore della passata, trovandoci piú vicini, Potendo senza ostacolo, e senza pericolo di nuocerle dare una scorsa per vederla, ed avendo in somma fra noi la certezza di rivederci nella prossima estate. Tutte queste speranze mi posero un tal balsamo in corpo, e mi rischiarirono talmente l'intelletto, che di bel nuovo intieramente mi diedi in braccio alle Muse. In quel solo inverno, nella quiete e libertà della villa, feci assai piú lavoro che non avessi fatto mai in cosí breve spazio di tempo; cotanto la continuità del pensare ad una stessa cosa, e a non aver divagazioni né dispiaceri, abbreviandoci l'ore ad un tempo ce le moltiplica.
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