Ma anche coi cavalli, non la potei durare quella perpetua incessante tensione delle fibre del cervello; e se la gotta, piú savia di me, non mi vi facea dar tregua, avrei finito o col delirar d'intelletto, o col soccombere delle forze fisiche, sendomi ridotto a quasi nulla cibarmi, e pochissimo dormire. Nel maggio tuttavia, mercè la gran dieta, e il riposo, mi trovai bastantemente riavuto di forze; ma alcune circostanze particolari avendo impedito per allora la mia donna di venire in villa, e dovendo differire la consolazione unica per me, del vederla; entrai in un turbamento di spirito, che mi offuscò per piú di tre mesi la mente, talché poco e male lavorai, fino al fin d'agosto, quanto al riapparire dell'aspettata donna tutti questi miei mali di accesa e scontenta fantasia sparirono.
Appena riavutomi di mente e di corpo, dati all'oblio i dolori di questa lontananza, che per mia buona sorte fu l'ultima, tosto mi rimisi al lavoro con ardore e furore. A segno che verso il mezzo decembre, che si partí poi insieme per Parigi, io mi trovai aver verseggiate l'Agide, la Sofonisba, e la Mirra; mi trovai stesi i due Bruti; e scritta la prima satira. Questo nuovo genere, di cui avea già ideato e distribuiti i soggetti fin da nove anni prima in Firenze, l'aveva anche tentato allora in esecuzione; ma scarso ancora troppo di lingua e di padronanza di rima, mi ci era rotto le corna; talché dubbio del potervi riuscire quanto allo stile e verseggiatura, ne avea quasi deposto il pensiere. Ma il raggio vivificante della donna mia, mi ebbe allora restituito l'ardire e baldanza necessari da ciò; e postomi al tentativo, mi vi parve esser riuscito, a principiare almeno l'aringo, se non a percorrerlo.
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