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      L'amico, sorpreso di quell'inaspettata stranezza (stante che io non avea neppur detto una parola fino a quel punto, che l'accennasse neppure), si buttò colle mani su lo scartario per estrarlo dal fuoco, ma io già colle molle che aveva rapidissimamente impugnate, inchiodai sí stizzosamente la povera Sofonisba fra i due o tre pezzi che ardevano, che le convenne ardere anch'essa; né abbandonai, da esperto carnefice, le molle, se non se quando la vidi ben avvampante e abbronzita andarsi sparpagliando su per la gola del camminetto. Questo moto frenetico fu fratello carnale di quello di Madrid contro il povero Elia, ma ne arrossisco assai meno, e mi riuscí d'un qualche utile. Mi confermai allora nell'opinione ch'io aveva piú volte concepita su quel soggetto di tragedia; ch'egli era sgradito, traditore, appresentante alla prima un falso aspetto tragico, e non lo mantenendo poi saldo; e feci quasi proposito di non vi pensar altrimenti. Ma i propositi d'autore son come gli sdegni materni. Mi ricadde due mesi dopo quell'infelice prosa della giustiziata Sofonisba fra mani, e rilettala, trovandovi pure qualche cosa di buono, la ripigliai a verseggiare, abbreviandola assai, e tentando con lo stile di supplire e mascherare le mende inerenti al soggetto. E benché io sapessi, e sappia, ch'ella non era né sarebbe mai tragedia di prim'ordine, non ebbi con tutto ciò il coraggio di porla da parte, perché era il solo soggetto in cui si potessero opportunamente sviluppare gli altri sensi delle sublimi Cartagine e Roma.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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