Arrivati in Parigi, dove atteso l'impegno della intrapresa stampa, era indispensabile ch'io mi fissassi a dimora, cercai casa, ed ebbi la sorte di trovarne una molto lieta e tranquilla, posta isolata sul baluardo nuovo nel sobborgo di San-Germano, in cima d'una strada detta del Monte Parnasso luogo di bellissima vista, d'ottima aria, e solitario come in una villa; compagno della villa di Roma ch'io aveva abitata due anni alle Terme. Si portò con noi a Parigi tutti i cavalli, di cui presso che metà cedei alla signora, sí, pel di lei servizio, che per diminuirne a me la troppa spesa e divagazione. Cosí collocatomi, a bell'agio potei attendere a quella difficile e noiosa briga dello stampare; occupazione in cui rimasi sepolto per quasi tre anni consecutivi.
Venuto intanto il febbraio del 1788, la mia donna ricevé la nuova della morte del di lei marito seguita in Roma, dove egli da piú di due anni si era ritirato, lasciando Firenze. E benché questa morte fosse preveduta già da un pezzo, attesi i replicati accidenti che da piú mesi l'aveano percosso; e lasciasse la vedova interamente libera di sé, e non venisse a perdere nel marito un amico; con tutto ciò io fui con mia maraviglia testimonio oculare, ch'ella ne fu non poco compunta, e di dolore certamente non finto, né esagerato; che nessun'arte mai entrava in quella schiettissima ed impareggiabile indole. E certo quel suo marito, malgrado la molta disparità degli anni, avrebbe trovato in lei un'ottima compagna, ed un'amica se non un'amante donna, soltanto che non l'avesse esacerbata con le continue acerbe e rozze ed ebre maniere.
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