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      Subito arrivato in villa, mi posi a lavorare di fronte la ricopiatura e limatura delle due Alcesti, non toccando però le ore dello studio mattutino, onde poco tempo mi avanzava da pensare a nostri guai e pericoli, essendo sí caldamente occupato. Ed i pericoli erano molti, né accadea dissimularceli, o lusingarci di non v'essere; ogni giorno mi avvisava; eppure con simile spina nel cuore e dovendo temere per due, mi facea pure animo, e lavorava. Ogni giorno si arrestava arbitrariamente, al solito di codesto sgoverno, la gente; anzi sempre di notte. Erano cosí stati presi sotto il titolo di ostaggi, molti dei primari giovani della città; presi in letto di notte, dal fianco delle loro mogli, spediti a Livorno come schiavi, ed imbarcativi alla peggio per l'isole di S. Margarita. Io, benché forestiere, dovea temere a questo, e piú, dovendo essere loro noto come disprezzatore e nemico. Ogni notte poteva essere quella che mi venissero a cercare; avea provvisto per quanto si potea per non lasciarmi sorprendere, né malmenare. Intanto si proclamava in Firenze la stessa libertà ch'era in Francia, e tutti i piú vili e rei schiavi trionfavano. Intanto io verseggiava, e grecizzava, e confortava la mia donna. Durò questo infelice stato dai 25 marzo ch'entrarono, fino al dí 5 luglio, che essendo battuti, e perdenti in tutta la Lombardia, se ne fuggirono per cosí dir di Firenze la mattina per tempissimo, dopo aver, già s'intende, portato via in ogni genere tutto ciò che potevano. Né io né la mia donna in tutto questo frattempo abbiamo mai messo piede in Firenze, né contaminati i nostri occhi né pur con la vista di un solo francese.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
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