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      Ma il tripudio di Firenze in quella mattina dell'evacuazione, e giorni dopo nell'ingresso di duecento ussari austriaci, non si può definir con parole.
      Avvezzi a quella quiete della villa, ci volemmo stare ancora un altro mese, prima di tornare in Firenze, e riportarvi i nostri mobili, e libri. Tornato in città, il mutar luogo non mi fece mutar in nulla l'intrapreso sistema degli studi, e continuava anzi con piú sapore, e speranza, poiché per tutto quel rimanente dell'anno '99, essendo disfatti per tutto i francesi, risorgeva alcuna speranza della salute dell'Italia, ed in me risorgeva la privata speranza, che avrei ancor tempo di finir tutte le mie piú che ammezzate opere. Ricevei in quell'anno, dopo la battaglia di Novi, una lettera del marchese Colli, mio nipote, cioè marito di una figlia di mia sorella, che non m'era noto di persona, ma di fama, come ottimo ufiziale ch'egli era stato, e distintosi in quei cinque e piú anni di guerra, al servizio del re di Sardegna suo sovrano naturale, sendo egli d'Alessandria. Mi scrisse dopo essere stato fatto prigioniero, e ferito gravemente, sendo allora passato al servizio dei francesi, dopo la deportazione del re di Sardegna fuori dei di lui stati, seguita nel gennaio di quell'anno '99. La di lui lettera, e la mia risposta ripongo qui fra le note(16). E dirò qui per incidenza quello che mi scordai di dir prima, che anzi l'invasion dei francesi, io avea veduto in Firenze il re di Sardegna, e fui a inchinarlo, come il doppio dover mio, sendo egli stato il mio re, ed essendo allora infelicissimo.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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