e nel letto sponsal forza è che muoia,
e stuffarsi pur denno anco gli amantidi gettare per donna all'aure i pianti.
In somma:
l'innamorato fà trista figura,
quando di farla buona ei s'assicura.
Ognun ride di lui, e n'ha ragione,
l'innamorato sempre è un gran beccone.
Io finisco col dirvi, amici cari,
voi ch'inghiottite ancor boccon sí amari,
di spicciarvi al piú presto che possiatedelle donne che vosco strascinate.
Io già rider vi ho fatto, e rido adessodelle donne, di voi, e di me stesso.
COLASCIONATA SECONDA,
sendo mascherato da Apollo.
Cortesi donne, amati cavalieri,
cui non spiacque ascoltar la rauca cetradi sporchissimo vate, il qual nell'etra
percosse sol, con li suoi detti veri;
voi attendete già dal blando aspettoch'io ne venga a smentir quel vil cencioso
ch'ai sciapiti amator fu sí noioso:
no, diverso pensier racchiudo in petto.
Io, ch'Apolline son; ma voi ridete?
E sí lieve menzogna or vi stupisce?
Quando parla di sé ciascun mentisce,
e ciò spesso v'accade, e non ridete.
Io, ch'Apolline son, cantar disdegnocon stucchevoli carmi il rancio amore:
da piú strano pensier, piú grand'onoreconseguir ne vorrei, se ne son degno.
Io m'accingo a cantar della sciocchezza:
quest'è un vago soggetto, e non cantatobenché spesso dai vati adoperato:
or sentite di lui l'alta bellezza.
Io comincio da voi, donne, e vi chieggio,
se non fossero sciocchi, i dolci sposi:
come fareste poi cogli amorosi?
Ecco che già fra voi sciocchezza è in preggio.
E dirovvi di piú, se un scimunitonon scorgeste in chi v'ama al sol parlare,
impazzireste già, per non sfogare
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Apollo Apolline Apolline
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