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      del suo regno l'onor, cieca, non cura,
      o se pure l'apprezza, incauta, giacedi rea fiducia in seno, e forse, ignora
      ch'a lieve fil, stà il suo destino appeso.
      M'affanna il duolo, a sí funesto aspetto,
      e benché avvezzo all'empia corte iniqua,
      piú cittadin, che servo, oggi compiangole pubbliche sciagure. Un finto nome
      quel di patria non è, che in cuor ben natoarde, ed avvampa, qual divino fuoco,
      ed invano i tiranni, un tanto amoretaccian' di reo delitto: al falso grido
      s'oppon natura, e dice, ch'è virtude.
     
      LAMIA
      Di Diomede son questi i sensi audaci.
      Ti diede il Ciel, forse per tua sventuraun'alma forte, generosa, e fiera;
      inutil dono a chi fra corti è nato.
      Poiché, dei Regi rispettando i fallispesso adorar li deve: intanto i lumi
      volgi men fieri, a mesta donna, inerme;
      mira Cleopatra, impietosisci, e in piantoscioglier ti vedo allor, gli amari detti.
      In pianto sí, né rifiutar lo puotea sí fatte miserie un'alma grande:
      e rivendica ognor l'umanitadegli antichi suoi sacri diritti, e augusti;
      son gli infelici di pietà ben degni,
      ancor che rei.
     
      DIOMEDEDa me l'abbiano tutta;
      ma quando sol desta pietà, chi impera,
      si piange l'uom, ma si disprezza il Rege.
      Avvilita in Egitto è da molti annila maestà dei trono ec. ec.
     
      E basti di questa Seconda, per dimostrare che forse era peggio della Prima.
     
     
     
      APPENDICE SESTA
     
      Lettera del Padre Paciaudi
     
      Pregiat.mo mio Sig. Conte.
      Le rimando il suo originale in cui ho scritte le mie sincere ed amichevoli osservazioni. Parlando in generale io mi sono compiaciuto dei primi tratti della Tragedia.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
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