piccioli, e frali del nemico altero;
sí, questo è ver; ma avea la Sorte,
e i Numi da gran tempo per lui Augusto amici;
e chi amici non gli ha, gli sfida invano.
Or che d'Antonio la fortuna è stanca,
or che d'Augusto mal conosco i sensi,
or che, tremante, inutil voti io formo,
né sò per chi, della futura sortefra i dubbi orror, solo smaniando e in preda
a un mortal dolor, che piú speraremi lice omai? tutto nel cuor mi addita,
che vinta son, che non si scampa a morte,
e a morte infame.
ISMENENon è tempo ancora
di disperare appien del tuo destino.
Chi può saper, s'alle nemiche turbenon avrà volto la fortuna il tergo;
ovver se Augusto vincitor pietosoa te non renderà quanto ti diero
un dí, Cesare, e Antonio.
CLEOPATRAIl cor nutrirmi
potrò di speme, allor che ben distintiravviserò dal vincitore il vinto;
ma in fin che ondeggia infra i rivai la sortetrapasserò miei dí mesti e penosi,
in vano pianto; e di dolor non soloio piangerò, ma ancor di sdegno, e d'onta.
Ma Diomede s'appressa..., il cuor mi palpita.
SCENA SECONDA Diomede, Cleopatra, Ismene
CLEOPATRAFedel Diomede, apportator di vita,
o di morte mi sei?... Che rintracciasti?
Si compí il mio destin?... parla -
DIOMEDERegina,
i cenni tuoi ad adempir n'andava,
quando scendendo alla marina in rivavidi affollar l'insana plebe al porto,
confuse grida udii, s'eran di pianto,
di gioia, o di stupor, nulla indagando,
v'andai io stesso, e la cagion funestadi tal romor, purtroppo a me fu nota.
Poche sdruscite, e fuggitive navi,
miseri avanzi dell'audaci squadre,
eran l'oggetto de' perversi gridi
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Sorte Numi Augusto Antonio Augusto Augusto Cesare Antonio Diomede SCENA SECONDA Diomede Cleopatra Ismene Diomede
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