del basso volgo, che schernisce ognoraquei, che non teme.
CLEOPATRAE in esse eravi Antonio?
DIOMEDE
Canidio, Duce alla fuggiasca gentecredea trovarlo, cc. ec.
E su questo andare proseguiva tutta intera, piuttosto lunghetta, essendo di versi 1641. Numero al quale poi non sono quasi mai piú arrivato nelle susseguenti tragedie che ho scritte sino in venti, allorché forse mi trovava poi aver qualcosa piú da dire. Tanto vagliono per l'esser breve i mezzi del poter dire in un modo piuttosto che in un altro.
APPENDICE OTTAVA
(cap. XV)
Lettera del Conte Agostino Tana
Aristarco all'autore.
Voi m'avete scelto per lo vostro Aristarco, io contraccambio l'onore che m'avete fatto, col non ricusarlo. Preparatevi dunque alla piú severa inesorabil censura; e quale pochi hanno il coraggio di farla, pochissimi di soffrirla. Io sarò fra i pochi, e voi fra i pochissimi annoverato. La Plebe letteraria, lusinghiera, mendace, e tracotante, non è avvezza certamente a comportarsi in simil guisa: presenti, si lodano senza ritegno; lontani, si biasimano, e si tradiscono senza rossore. Tal cosa non potrà accadere giammai fra l'amico Censore, e l'autore di questa Tragedia.
APPENDICE NONA
(cap XV)
I POETICommedia in un atto
recitata nel Teatro stesso, dopo la Cleopatra
SCENA PRIMA Zeusippo, solo
ZEUSIPPO: Ah misero Zeusippo! e a che ti serve di esserti nell'accademia degli stupidi alteramente denominato, il Sofocléo, mentre si avvicina l'ora in cui ti sarà barbaramente discinto il coturno? io sudo e gelo nel pensare all'esito della mia povera tragedia.
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