Son tutto Vostro
Vittorio Alfieri
Riveritiss. Sig. Zio.
Ebbi l'onore richiamarmi alla di lei ricordanza nel partire d'Italia; non so se la mia lettera le sarà giunta. Vi ritorno, e la prima mia premura si è di ripetere quest'atto cbe mi vien commandato dalla stima, e (mi permetta di dirlo) dal rispettoso attaccamento che le professo.
Ritorno in Italia coll'obbligo stretto di convincere il Governo Francese (o per dir meglio i miei amici Moreau, Desolles, Bonaparte, Grouchi, Grénier) della mia riconoscenza per le non dubbie, reiterate, ostinate prove di vivo interessamento a mio favore dimostrate. - Combatterò dunque ancora; l'amicizia, la gratitudine mi faran combattere... Chi sa, forse l'ambizione si maschera cosí.
Non starò piú in Piemonte, se il re di Sardegna vi rientra non devo decentemente starvi. Se il Piemonte si democratizza vi sono troppo amato dai Contadini per potere starvi senza correre il rischio d'ingelosire i debolissimi Governanti della nascente Repubblica. Non so ancora dove mi fisserò. Forse in Francia, ma non mi vi decido ancora. Vado a Milano, dovrò starvi circa 15 giorni; se l'armistizio durerà, anderò poi a Parigi; ma prima, se me lo permette, avrò l'onore di personalmente assicurarla degli ossequiosi sentimenti co' quali mi pregio essere.
Di V.S. Reveritiss.
Bologna li 31 Ottobre 1800.
Devmo ed Obbmo Serv. ed Affmo Nipote
Colli
APPENDICE DICIASSETTESIMA
(cap. XXIX)
Firenze li 6 Marzo 1801.
Amico carissimo.
Ho ricevuto per mezzo di D'Albarey le due vostre, di cui l'ultima de' 25 Febbraio mi ha molto angustiato per la notizia che mi vi date di esser io stato nominato non so da chi per essere aggregato a codesta adunanza letteraria.
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