Alla Preclarissima Signora Contessa d'Albany
Pregiatissima signora Contessa.
In corrispondenza al favore compartitomi di darmi a leggere le carte, dove l'incomparabile nostro amico avea preso a scrivere la propria vita, debbo palesargliene il mio parere, e il fo colla penna perché favellando potrei con molte piú parole dir meno. Conoscendo l'ingegno e l'animo di quell'uomo unico, io ben m'aspettava di trovare ch'egli avesse vinta in qualche modo suo proprio la difficultà somma di parlar di sé lungamente senza inezie stucchevoli, né menzogne; ma egli ha superata ogni mia espettazione coll'amabile sua schiettezza e sublime semplicità. Felicissima n'è la naturalezza del quasi negletto stile; e maravigliosamente rassomigliante e fedele riesce l'immagine, ch'egli ne lascia di sé scolpita, colorita, parlante. Vi si scorge eccelso qual era, e singolare, ed estremo, come per naturali disposizioni, cosí per opera posta in ogni cosa, che sembrata gli fosse non indegna de' generosi affetti suoi. Che se perciò spesso egli andava al troppo, si osserverà facilmente che da qualche lodevole sentimento ne procedevano sempre gli eccessi, come dall'amicizia quello ch'io scorgo dov'ei mi commenda.
Però a tanti motivi, che abbiamo di dolerci che la morte ce l'abbia rapito sí tosto, si aggiunge che sia questa sua Vita fra i molti scritti di lui rimasti bisognosi piú o meno della sua lima, che non sarebbele mancata s'egli giungeva al sessantesimo anno, in cui s'era proposto di ripigliarla in mano e ridurla a pulimento, o bruciarla.
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