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      E già il metodo del Galilei, col quale si erano scoperte parecchie proprietà importantissime dei corpi, e alcune delle primarie leggi onde la natura governa la universalità delle cose, col quale riordinata già si era in qualche parte la fisica, incominciava a pigliar corso, quando in Francia uscì fuori una setta di filosofi ad attraversarlo. Volevano anch'essi la ragion dell'uomo libera dal giogo dell'autorità; e degli aristotelici dispregiatori eran solenni, il che già era di moda. Di fare tante sperienze e osservazioni, onde venire in chiaro de' naturali effetti, non si davano gran travaglio. Si davano bensì vanto di spiegare ogni cosa con grande speditezza, e per modo che senza gran fatica potesse intendergli ognuno. Ponevano alcuni pochi e semplici principi, e singolarmente che le specie delle cose non differiscono sostanzialmente tra loro, ma soltanto per la varia disposizione e modificazione delle parti della materia, che è in tutte la stessa; simile, diciam così, a quel legno, che diviene uno scagno o un dio, secondo la forma che gli dà l'artefice. Quindi per via solamente di certi movimenti e di certe figure, che sapevano immaginare, giusta il bisogno, ne' corpi e nelle parti di quelli, terminavano ogni quistione. Né era cosa in natura, che in certo modo non operassero a mano, quasi testimoni di veduta della creazione del mondo. E perché la pronta fantasia di costoro andava di primo lancio alle cause più occulte delle cose, intanto che il Galilei dopo molte considerazioni e molto studio, dopo molte prove e riprove si contentava solamente di stabilire una qualche legge della natura, divennero ben presto signori delle scuole, e sortirono al pari di Aristotele di caldi e zelanti sostenitori.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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