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      - Non furono mai dette - io risposi - più sensate ragioni per udir delle follie. Come è del piacer vostro. Ma vedete, Madama, il bel campo che mi aprireste per pigliarmi di voi un po' di vendetta, che mi fate stare a questo nobil sì, ma sottil cibo della filosofia. Io potrei prendere il principio da alto, come si suol fare in somiglianti casi, e dirvi, come alcuni hanno affermato la luce esser l'atto del pellucido, in quanto egli è pellucido; altri, lei esser l'anima, onde il mondo sensibile viene ad esser collegato con l'intelligibile; i colori essere una certa fiammolina che svapora dai corpi, le cui parti hanno proporzione con l'organo del vedere. Tutto ciò potrei dirvi, non senza toccare alcuna cosa del furto mistico di Prometeo, o che so io. E pensate pure che in somiglianti concetti stavasi altre volte racchiusa la scienza dell'uomo. - Non fate voi ora meco - disse la Marchesa - come i tiranni, che il male che non han fatto, lo mettono in conto di benefizio? Ma a ogni modo gran mercé, che voi entrar non vogliate in mondi intelligibili, in furti mistici, e in così fatte altre cose; che io per me non ne verrei a capo in un anno a intenderne parola. - Qual maraviglia, - rispos'io - quando che forse quegli che ne furono gli autori, non le hanno intese eglino stessi. Ben voi, Madama, intenderete con facilità grandissima il sistema del Cartesio, che vi mostrate tanto desiderosa di averne contezza.
      Ora figuratevi tutta quanta la materia, di che fatto è il mondo, non altro essere stata da principio che una massa uniforme, e la medesima in tutto e per tutto.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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