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      I più refrangibili che la lente storce più degli altri, avranno il punto della loro unione, o sia il foco, più vicino ad essa lente, che non l'hanno i meno refrangibili. Non è così? - Appunto - diss'ella. - E la prova è questa: - io continuai - nella stanza buia al muro, dove feriva la immagine colorata del sole, il Neutono metteva un libro aperto; e disponeva le cose in modo che il prisma mandasse sopra i caratteri del libro non altri raggi, fuori che i meno refrangibili, o sia i rossi. A rincontro del libro, e in distanza di parecchie braccia da esso, alzava una lente convessa; la quale, raccogliendo in altrettanti punti dietro da essa i raggi che le venivano dal libro, ne ritraeva la immagine, come appunto fa la lente nella camera ottica degli oggetti che le stanno in faccia e sono illuminati dal sole. E tale immagine la riceveva sopra di un cartoncino bianco. Bello era a vedervi i caratteri negrissimi in campo rosso, e impressi così netti e taglienti, che potevan leggersi come nel libro medesimo. Dipoi senza toccare né il cartoncino né la lente, faceva solamente così un poco girare il prisma, acciocché i caratteri del libro, che illuminati erano da' raggi rossi, quegli stessi ne venissero illuminati dagli azzurri: ed ecco che si vedevano sparire d'in sul cartoncino quei caratteri; o almeno vi apparivano in campo azzurro così sporchi e confusi, che per conto niuno non se ne poteva rilevare la forma. Ma accostato un poco alla lente il cartoncino, tornavano a farsi vedere belli, vivi e taglienti, come erano innanzi.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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Neutono