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      E ciò stato confermato ancora con una palla dipinta a spicchi de' vari colori del prisma, che apparisce pur bianca, girata ch'ella sia rapidamente intorno a sé - Ecco - disse la Marchesa - delle novelle prove, e più ancora che non bisogna, a mostrare che la bianchezza è la confusione o l'aggregato di tutti i colori. - E volete voi, Madama, - lo soggiunsi - che questo ver più vi s'imbianchi, come dice il poeta? Tenete, come ha fatto il Neutono, dirimpetto all'immagine dipinta dal prisma un foglio di carta, così che i colori vengano tutti a illuminarlo ugualmente. Egli resta bianco come se fosse tenuto all'aria, ma se si muove più qua che là, si tinge subito di quel colore, che gli sarà più vicino.
      - Certamente - disse la Marchesa - la mal consigliata fui io, pensando a cosa, a che ci avea pensato tanto un sì grand'uomo:
     
      Commetti al savio e lascia fare a lui.
     
      Come avrei io potuto mai trovarne una sola di queste esperienze, per semplici e facili che paiano? - Voi trovate ben facilmente - io risposi - quello che darebbe di che pensare a' filosofi. A voi si convien più di sapere in qual dose sieno da temperare insieme le cortesie e le ripulse, la speranza e il timore, per tener viva una passione, che in qual dose sieno da mescolare insieme materie polverizzate di più colori per formare il bianco. Anche questo fu provato dal Neutono. E in fatti di tale mescolanza il bianco, siccome era suo avviso, ne risultò; ma era smorto, fosco, e come nuvoloso, in comparazione di quel bianco che danno i colori del prisma.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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