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      Non avete voi tante e tante volte veduto la medesima nazione, il medesimo uomo prudentissimo, ragionevolissimo in una cosa, imprudente e irragionevole in un'altra; benché in amendue gli dovessero pur esser di regola le stesse massime, gli stessi principi? Nella medicina si trovarono, non è dubbio, tra gli antichi, e in ogni maniera d'arti ancora, degli osservatori finissimi, dei Neutoni. Non così nella filosofia; dove, per la maggior parte dati tutti allo speculativo, stimavano forse che l'arte sperimentale sentisse troppo del meccanico. In troppo picciol conto la tenevano; né si sarebbero avvisati giammai ch'essa sola potesse arrivare a conoscere l'arte finissima, il magistero di natura; ch'ella dovesse un giorno pesar la fiamma da essi creduta assolutamente leggieri; pesar le esalazioni sottilissime del mare, la traspirazione insensibile dell'uomo; collocare i corpi in un mondo differentissimo dal nostro, come è uno spazio voto d'aria; imitare per via di certe misture i Vesuvi e i Mongibelli, e contraffare il tuono e il fulmine assai meglio che il loro Salmoneo. Chi poi avesse loro detto che, mercé di quell'arte, le composizioni, le mescolanze che ha fatto Iddio, l'uomo potrà separarle e discioglierle, avrebbono fatto le risa grasse, e contrapposto l'autorità del divino Platone, al quale piacque di asserire solennemente che un tal uomo né mai ci fu nè in tutta la lunghezza de' secoli stato ci sarebbe giammai. E il Neutono seppe non solo disciogliere ne' loro principi e scomporre i raggi della luce, ma seppe ancora ricomporgli di bel nuovo, rimpastargli a suo piacimento, e tali tor


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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