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      - Una carta nera - egli riprese a dire - è collocata nell'ombra; e tra essa e l'occhio si pongono due pezzetti di girasole a qualche distanza tra loro. Il più vicino alla carta è illuminato dal sole; il più lontano, e dietro al quale è l'occhio del riguardante, è coperto dall'ombra: e il colore che si vede comparire è verde. - Che dite voi - ripigliò la Marchesa rivoltasi a me - di quest'altro canone?
      - Dico la prima cosa - io risposi - che scartata anche qui quella carta nera collocata nell'ombra, cioè quel fondo scuro che opera su un mezzo chiaro, il primo vetro illuminato dal sole riflette al secondo raggi azzurri in grandissima copia; ma oltre a questi ne riflette ancora degl'indachi e dei verdi, che sono così gli uni come gli altri, in ordine alla refrangibilità, egualmente vicini agli azzurri. - Ohimè, - interruppe il signor Simplicio - che quel vetro, il quale poco fa rifletteva soltanto i raggi azzurri, al presente ne riflette degli altri ancora, e segnatamente de' verdi. E non è punto difficile indovinar la ragione perché il fa. - Perché - io risposi - la natura non opera mai per salti, ma gradatamente; perché niun corpo ci è al mondo, che rifletta o trasmetta una sola specie di raggi senza una qualche mistura degli altri; ma i raggi che non sono del suo colore, gli riflette o trasmette più o manco, secondo che sono a quello più o manco vicini nell'ordine della refrangibilità: e ciò lo mostrano all'occhio le cose colorate poste ne' differenti raggi della immagine solare separata dal prisma.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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Marchesa Simplicio