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      - Madama, - io ripresi a dire - pigliate guardia che di tutte le difficoltà non potrebbe forse così agevolmente uscirne. E che potreste voi rispondere a quello, che toccò già a me di udire dalla bocca di un valente bacelliere oltre monti? Troppo ha del ripugnante, egli asseriva, e però rinunziava al Neutono e a' suoi inganni, che da sette cose scure, quali sono, diceva egli, i colori del prisma, riuscir ne possa una lucida, quale è il bianco. E forse anche taluno potrebbe mettere in campo, come un nostro italiano sostiene in istampa, che lo ammettere la diversità de' colori ne' raggi della luce è lo stesso che del glorioso corpo del sole farne l'Arlecchino dell'universo.
      - Il mio pensiero - riprese a dire il signor Simplicio - non andava sicuramente a tali inezie; sì bene a più altre difficoltà mosse, non ha gran tempo, in Francia da un grave filosofo. - Manco male, - io soggiunsi tosto - che voi non intendete dei rancidumi del Mariotto, nè d'altri che già si levarono in Francia contro al Neutono. - Io intendo e parlo del Dufay, - ripigliò egli con impazienza - il quale nell'Accademia di Francia dimostrò novella-mente le molte fallacie di questo Neutono, che con tutto il gran peso della sua autorità non gli venne fatto di darla ad intendere a tutte le accademie del mondo, come a quella sua di Londra. Quivi egli era non meno presidente che tiranno; né gli potea venire in capo così strano concetto, che già non avessero giurato nelle sue parole. - Niente vi ha senza dubbio, - io risposi - che sia di maggior impedimento a' progressi delle scienze e della ragione, e contro a cui si debba stare più in guardia, quanto l'autorità. Ma ringraziamo Iddio anche per questo di esser nati in Europa.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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