- Troppo gran dura legge - ripigliò la Marchesa - voi imponete alle persone: che non debba niuno quetarsi in ciò che fu fatto e rifatto, veduto e riveduto, non già da un uomo solo, ma da molti e molti. Non sarebbe allora lecito ragionare di ottica, se non dentro alle stanze buie co' vetri alla mano: e là ancora si potrebbe insistere che quanto si vede è un inganno de' vetri; che sarebbe la via più spedita a liberarsi d'ogni difficoltà. Ma certi filosofi - ella seguitò a dire rivolte a me le parole - non sono eglino simili a quegli uomini di ventura, che altro non vorrebbono negli stati che confusione, onde avere la lor volta, e almeno per qualche tempo farvi un personaggio anch'essi? - Madama, - io risposi - così credo anch'io. Sebbene farebbe torto al vero chi mettesse in questo numero il Dufay. Anzi io sono d'avviso, se così breve termine non avessero avuto i suoi giorni, che, riconosciuto l'error suo, volto si sarebbe a corredare, se è possibile, l'ottica neutoniana di nuove sperienze, come avea fatto dianzi le scoperte inglesi sopra l'elettricità: e noi gli avremmo avuto grand'obbligo; da che egli è pur vero che coloro ne procurano in certo modo di novelle cognizioni, i quali ci somministrano nuovi argomenti per confermarci nelle antiche.
- Se veramente - disse il signor Simplicio - dovesse vedersi questa conversione del Dufay, non so; so bene che nell'Accademia di Francia ci sono stati e ci sono tuttavia di molti increduli del Neutono. - Poiché sento - io risposi - poter tanto nella vostra mente l'autorità di quell'Accademia, dove tuttavia non manca de' vecchi zelanti delle dottrine cartesiane, mi penso che i principi del vostro filosofare saranno i vortici, la materia sottile.
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