i ma non tra' frati; che nelle deposizioni processuali c'è il fatto di un importante colloquio del Campanella con taluno de' firmatarii di quella Denunzía, su cui il Berti si è fondato per provare l'opposto; che volendo stare alle sole assertive consegnate in qualche documento senza il riscontro degli altri, massime poi alle sole assertive del Campanella, si corre certo rischio di essere trasportati assai lungi dal vero. Ma basti aver mostrato che lo studio minuto de' documenti delle diverse categorie non è stato fatto.
Poco ci tratterremo su coloro i quali non si sono occupati di proposito della congiura del Campanella. Citeremo in primo luogo il prof.re Bertrando Spaventa, che ne' suoi Saggi di Critica filosofica riprodusse una carica a fondo sul lavoro del D'Ancona, già da lui pubblicata poco dopo la comparsa di tale lavoro(9). Ma la natura medesima della critica dello Spaventa lo condusse a discettare in modo speculativo sul lavoro del D'Ancona, anzichè a studiare i documenti, mediante i quali avrebbe confermato non essere stato reso bene il carattere del Campanella, e avrebbe avuto modo di renderlo egli stesso con maggiore esattezza. Del resto lo scopo suo principale fu manifestamente quello di aprirsi la via alla esposizione e alla critica delle dottrine filosofiche del Campanella, sul quale tema egli si mostrò, come ognuno lo conosce, profondamente versato. Citeremo in secondo luogo il prof.re Francesco Fiorentino, che nel suo magnifico libro sul Telesio, discorrendo de' casi del Campanella, si spinse un poco piú addentro nelle cose della congiura, ma dando molta importanza al Bassà Cicala, che ritenne essere stato un calabrese cosentino, nominato Pietro Cicala, già compagno di Marco Berardi divenuto poi popolare col nome di Re dei monti, essendo entrambi sfuggiti al carcere e al rogo inquisitoriale.
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