Ma oltrechè in un disegno d'insurrezione erano in grado d'intervenire soltanto persone manesche e poco timorate, non deve sfuggire che molto tristi erano allora generalmente i costumi de' frati, molto tristi i costumi delle persone che aveano un po' di forza nel braccio, tanto più se appartenenti a classe elevata e nobile. A noi è sembrato di sognare quando abbiamo letto nel libro della Colet, che "i conventi erano allora l'asilo de' più grandi spiriti", e parimente nell'opuscolo dell'Angeloni Barbiani, che "mentre tutto il laicato cadeva o infiacchiva... una vita nuova s'agitava nei monasteri e la bianca lana di S. Domenico era segnale di risorgimento e di moto"(19). Il laicato non era tutto fiacco, e se in molta parte era fiacco ed anche tristo, ciò accadeva per l'influenza predominante de' monasteri; nè i monasteri vanno giudicati per la presenza in essi di qualche rara individualità, che d'altronde vi stava assolutamente a gran disagio, come si conosce appunto in persona del Campanella. Tra le migliaia e migliaia di persone, che indossavano la cocolla, od anche il ferraiolo nero de' clerici, per menare vita rispettata e senza stenti, immune da' rigori delle leggi dello Stato e dal pagamento delle tasse, doveano pure esservi persone colte e persone amiche di libertà; tuttavia nel caso nostro se ne ebbero in numero insignificante. Ma conviene persuadersi che il fra Cristofaro del Manzoni, in tempi non molto lontani da quelli del Campanella, fu veramente un riflesso della bella anima dello scrittore, non il ritratto del frate del tempo, considerato anche il caso raro del frate dabbene; e l'Innominato medesimo fu un tipo eccezionale sotto il rispetto della sua qualità d'innominato, mentre a' Signori prepotenti e carichi di delitti non dispiaceva punto di essere chiamati col proprio nome e cognome, ma solo volevano che il loro nome e cognome fosse pronunziato con gran timore.
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