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      - Non è dubbio che S. A. gli abbia scritto o fatto scrivere in suo nome evasivamente; tale risposta dovè essere portata al Campanella nel convento di S. Agostino dal Galilei lettore in Padova, come si può argomentare da' ricordi che poi ne fece il Campanella medesimo al Galilei ed anche a Ferdinando più tardi, quali si leggono nelle lettere pubblicate dal Berti e dal Fabroni. Aggiungiamo che per colmo di dolore il Campanella, 4 anni dopo, potè forse conoscere che ad insegnare in Pisa era chiamato quel dot.r Marta, contro cui egli avea fatto le prime armi combattendo Aristotile(114); bensì era chiamato ad insegnare jus Cesareo, non già filosofia(115).
      Vennero intanto successivamente istituiti in Padova nuovi processi contro il Campanella, e per verità non sapremmo affermare che al tempo in cui mandò la lettera al Gran Duca non ne avesse già avuto ancora un altro dopo quello relativo all'insulto gravissimo patito dal P.e Generale: poichè conosciamo molti capi di accusa a' quali fu chiamato a rispondere, e certamente ve ne furono anche altri, mentre egli sempre costumò non propalarli o non specificarli appieno; ma non conosciamo in che modo que' capi di accusa sieno stati aggruppati per aversi i "cinque processi", che nella lettera allo Scioppio pubblicata dallo Struvio chiaramente affermò avere avuti. A quanto pare, due nuovi processi egli dovè avere in Padova, venendo poi l'ultimo, assai più grave dell'altro, compiuto in Roma, con la giunta di ulteriori capi di accusa sorti in sèguito, e dell'esame delle opinioni sospette consegnate nel libro De sensu rerum; ciò nel corso del 1593 e 1594, poichè vedremo da un documento irrecusabile trovarsi nella fine del 1595 già esaurito in Roma l'ultimo processo sorto in Padova, ed esaurito anzi da qualche tempo.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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