Così il condannato era bruciato vivo, quando si mostrava impenitente, od era invece prima appiccato vicino al fuoco e poi bruciato, quando era penitente, giusta la massima che tale ultimo supplizio "et humanius est, et viam desperationis claudit, et ad poenitentiam provocat". Nè si pensi che trattandosi di un'eresia diversa dalla precedente, non fosse il caso vero del relapso: l'essere ricaduto nell'identica eresia costituiva uno de' casi, e propriamente de' casi estremi del relapso, ne' quali non doveva neanche accordarsi la difesa, e il colpevole era "sine ulla penitus audientia brachio saeculari tradendus, ultimo supplicio feriendus". Ma i casi del relapso erano varii, c'era perfino quello di aver fatto semplicemente qualche favore ad un eretico dopo di avere già una volta abiurato; e la conseguenza era sempre la stessa, consegna al braccio secolare per l'amministrazione dell'ultimo supplizio, previa la degradazione quando trattavasi di un ecclesiastico. Solo si voleva che il colpevole fosse "legitime convictus"; e parrebbe che il Campanella abbia avuto ricorso pure a quest'àncora di salvezza sostenendo l'insufficienza del teste unico, secondo la massima generalmente valevole in S.to Officio "vox unius vox nullius", come si può fino ad un certo punto argomentare da quelle sue parole che implicano anche una discolpa, "ex dicto unius Judaizantis molestatus"(118).
Dopo tutto ciò risulterà senza dubbio naturalissimo che il Campanella, nell'ultimo periodo della sua dimora in Padova, e verosimilmente durante la sua prigionia, non si sia tanto occupato di filosofia quanto di politica e di religione, procurandosi buoni pezzi di appoggio per la tempesta che minacciava sommergerlo.
| |
Campanella Officio Judaizantis Campanella Padova
|